Accendi, sintonizza, abbandonati con me

A volte cado a terra ubriaco e mi spaventa la prospettiva.
Mi chiedo se tutto era già stato programmato e orchestrato in maniera che le cadute facciano più o meno male. Mi chiedo il motivo per cui i miei occhi abbiano una sensibilità così forte seppur non sono nel pieno delle mie facoltà; il motivo per cui vedo luci così taglienti ma non accecanti che mi permettono comunque di guardare ai bordi.
Mi chiedo se può essere normale che nella solitudine io mi possa ancora sentire caldo.

Ho i pantaloni umidi dal muschio, sono a terra mentre a qualche metro da me forse sta nascendo una nuova vita. Nelle narici mi entra la nebbia, ma so trattenere il respiro e faccio ciò per cui sono stato programmato, da un Dio o da mio padre. Lascio che le mie dita si muovano indipendenti per scattare un secondo della mia vita che forse non interesserà a nessuno.

Forse qualcuno ha programmato mio padre, e mio padre ha programmato me, e io sto programmando i miei figli. Alla sensibilità della luce.

Ed è tutto così facile: accendi, sintonizza, abbandonati con me, lasciati accarezzare dalla luce.

 

 

«Va bene qui? Non c’è nessuno»
«Si però devo tornare a casa»
«E’ tutta la sera che ti desidero, sei bellissima»
«Baciami»

Accendi.

«C’è un uomo laggiù per terra»
«Stai tranquilla, è ubriaco, sarà uscito da qualche festa… non ci pensare, abbracciami»

Sintonizza.

«Ti amo»

Abbandonati con me.

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